Pillola di recensione del romanzo di Lorenzo Marone (Tea)
Lo so, sono in ritardo con le novità uscite in libreria, ma leggo quando posso e soprattutto faccio scorta come le formiche, in attesa, al contrario di loro, dell’estate, quando ho più tempo e ho bisogno di ricaricarmi e riposare.
Io che tento di fare la scrittrice, quando leggo libri così intensi, penso che la mia strada sia ancora molto in salita, che forse non ce la farò mai e che sia meglio rinunciare.
La scrittura di Lorenzo Marone é meravigliosamente poetica, ti strappa un sorriso e un groppo alla gola, lasciandoti così, con la realtà perfettamente analizzata sulla quale fermarsi a riflettere, almeno qualche attimo, con la stessa leggerezza dello sguardo di Cesare Annunziata, l’anziano burbero che racconta questa storia.
Ci provo e mi ritrovo ad essere anch’io un po’ senza filtri e trasformista nell’animo, le parole soffocate che non sempre escono dalla bocca, per paura, per non discutere, perché l’altro te lo chiede, perché, in fondo, va bene così anche se sai che la vita ti presenterà il conto dei rimorsi e dei non detti.
Rincorriamo quella tentazione di essere felici e ci troviamo con una apparente serenità che ci sembra ci calzi a pennello, da cui, però, sentiamo sempre il bisogno di fuggire.