Camminando con il mio cane Ulisse, mi imbatto spesso nelle panchine dei parchi. E oggi in quella della gentilezza, a metà strada tra il tratto di pineta che da Punta Marina porta a Marina di Ravenna.
É una panchina rosa con una scritta “Fai della gentilezza un’abitudine e cambierai il mondo!” (Annie Lennox). Accanto una casetta di legno con dei libri da prendere in prestito. Ci passo ogni giorno e i libri effettivamente vanno e vengono e mi stupisco del fatto che sia ancora lì, intatta, non imbrattata, che nessuno abbia ancora rubato la casetta dei romanzi. Chissà che davvero quel tratto di pineta sia frequentato solo da pacifici e gentili che corrono e passeggiano avvolti dalla natura, ascoltando i grilli, anzichè averli per la testa…chissà.
Comunque, l’idea della panchina come luogo sacro per fermarsi e osservare, leggere, pensare, riposare e rigenerarsi ribalta completamente il concetto dello “stare in panchina”, quell’essere fuori dai giochi e non protagonisti. È quello che sostiene Bebbe Sebaste nel suo libro “Panchine, come uscire dal mondo senza uscirne” (Editori Laterza): una serie di riflessione su questi preziosi oggetti, sui luoghi dove ha sostato, da Gineva a Linosa, passando per le serie tv come “I ragazzi del muretto” e l’incredibile decisione di certi politici di togliere le panchine per evitare che si fermino senzatetto, drogati e perdigiorno.
Condivido la sua idea: nel libro, la panchina è proprio il luogo dove rigenerarsi, uscire dal mondo per osservarlo, per rallentare i pensieri e ripartire. Un’idea che mi piace, più di quella dello “stare in panchina”. L’immagine che preferisco si avvicina di più all’uso calcistico della panchina per l’allenatore: fermarsi per riflettere, diventa la metafora del prendersi cura di sè, di essere coach di se stessi.
Un’idea originale che mi ha invogliato a cercare le panchine famose in Italia e all’estero e a pensare alle panchine della mia esistenza, quelle dove mi sono fermata e ho osservato. Ho creato progetti e fatto bilanci.
Su quante panchine ci siamo seduti a riflettere?
Anche Meghan, la duchessa del Sussex e moglie del principe Harry, impegnata nella Fondazione Archewell a diffondere compassione tra le comunità di tutto il mondo, dedicandosi anche alla salvaguardia degli animali, ha pubblicato un albo illustrato “La panchina” (Ape Junior). Seppure la storia non mi abbia fatto impazzire, l’idea è quella di raccontare il rapporto padre-figlio quando ci si ferma ad ascoltarsi reciprocamente.
Ci sono moltissime panchine nel mondo che hanno significati simbolici, da quelle giganti a quelle letterarie.
E ci sono itinerai, tour e visite nei luoghi delle panchine. Il libro di Beppe Sebaste mi ha incuriosito a tal punto che sono andata alla ricerca delle panchine sul web. Ce ne sono davvero tantissime…
Io stessa, come si vede dalla foto, mi sono fermata a quella all’ingresso dello Shakespeare’s Globe di Londra: mi sono appoggiata, come se avessi paura di sedermi su un’opera d’arte!
Anche nella nostra bella penisola, da Terrasini, in provincia di Palermo. a Foggia, da San Mauro di Romagna, casa di Giovanni Pascoli a cui l’amministrazione ha dedicato una panchina rossa contro la violenza sulle donne, alle Langhe…moltissime sono le panchine letterarie, giganti e quelle dedicate.
Sulla panchina ci si siede uno accanto all’altro: un’altra metafora sul senso della vita, di come vorrei vedere il mondo: vicini alle diverse persone che possono transitare nella tua esistenza. Non c’è un posto davanti e uno dietro, la panchina prevede che ci si sieda uno accanto all’altro.
Vi ricordate Forest Gump? Tutto inizia dalla panchina della fermata dell’autobus. Le persone gli si siedono accanto, e lui, mentre cerca di trattenersi dal mangiare i cioccolatini, racconta la sua storia.
E avete visto il fim “Quel momento imbarazzante” con Zac Efron? Inizia e finisce sempre su una panchina con la mitica domanda: “E quindi?”
Sebbene a Londra possiamo ritrovare alcuni luoghi del film “Notting Hill” compresa la libreria a cui il regista, Roger Michell, si è ispirato, non troveremo la mitica panchina con l’incisione “A June che amava questo giardino. Da Josef che le sedeva sempre accanto”. Non è nemmeno a Londra, ma bisogna sorvolare l’oceano e giungere in Australia, nei Queens Gardens della città di Perth.
Nell’attesa di un tour italiano delle panchine, attraverso i libri o i luoghi reali, o di organizzare un viaggio all’estero, da programmare rigorosamente su una panchina, eccovi qui sotto, la mitica scena del film con Julia Roberts e Hugh Grant. Quante volte l’avete visto? Io almeno una dozzina!
Buone panchine a tutti, che siano, come dice l’autore Beppe Sebaste, un luogo “per uscire dal mondo senza uscirne”.
Il libro di Beppe Sebaste, “Panchine, come uscire dal mondo senza uscirne” (Editori Laterza) lo trovate cliccando qui
Sarah Pellizzari Rabolini
Con i miei occhi, libri e palcoscenico
Pillole di recensioni